Identikit del femminicida

Identikit del femminicida

Gli esperti vorrebbero riuscire a comporre un identikit, una sorta di tabella del carattere e dei tratti somatici e della personalità, una sorta di prototipo di un femminicida in base al quale basarsi per individuarlo senza scampo.
Riceviamo una lettera appassionata di Antonio e pubblichiamo volentieri:

Mi chiamo Antonio
e trovo orribile e atroce che gruppi e commissioni si riuniscano
per mettere a punto il profilo, l’identikit psicofisico, del probabile
femminicida. Quali mai saranno i tratti nascosti, non visibili ad una
donna, che caratterizzano il soggetto pericoloso e da lasciare o
dal quale girare molto molto alla larga e forse da additare alle amiche perché anche loro scappino lontano?
E se io, senza saperlo, avessi una o più di queste caratteristiche?
Provo ad immaginare quali possano essere: egoista? dice parolacce?
si altera facilmente se gli pestano i piedi? chiede dove vai? chiede con chi ti vedi?
ti sogna troppo? ti vuole sempre vicina? beve un po’ di birra?
Dio mio, di grazia, chi può stilare un tale vademecum?
La Storia è piena di tentativi falliti in questo senso e neanche il miglior Lombroso ci è riuscito e sappiamo tutti quante facce d’angelo si siano trasformate nella più crudele delle maschere: quella di chi fino ad un secondo prima sembrava amarti e pur amandoti improvvisamente ti uccide. Perché, dunque, invece di affannarsi a creare ancor più paura, angoscia, sospetto…non provare a parlare di come educare i nostri figli, maschi o femmine che siano? E non c’è bisogno di mille spiegazioni per insegnare che non possediamo il corpo dell’altro al punto da massacrarlo e togliergli la vita. Poi tutte le giustificazioni alla violenza le possiamo girare, come su uno spiedo, al vaglio di tutte le analisi psichiatriche o psicologiche. Ma possibile non siamo nemmeno in grado di insegnare come fermare la ‘bestia’ della gelosia ( il dolore lacerante che provoca e che nessuno può capire che non l’abbia per sua sventura provato) un secondo prima e non un secondo dopo, quando è troppo tardi? Le emozioni violente che si sviluppano repentinamente nell’essere umano fanno parte della Natura in cui siamo e non possiamo pensare di sapere quando si manifesteranno, non possiamo ‘leggerle’ a freddo nel comportamento a volte del tutto innocente di qualcuno solo perché una commissione avrà stabilito che quel comportamento porta fatalmente alla manifestazione violenta e omicida.
Molto più importante sarebbe, e costruttivo, insegnare ad ognuno a non avere paura della propria violenza, insegnare che fa parte della natura umana un grado più o meno alto di aggressività, insegnare a riconoscere questo aspetto di sé, a dargli il suo vero nome, a sapere, senza dubbi, che quella forza devastante può scatenarsi all’improvviso senza che neanche ‘sappiamo’ o abbiamo il tempo di analizzare i motivi inconsci di una tale ingombrante presenza dentro di noi, o dentro alcuni di noi. Quando un essere umano sa, senza dubitare, questo di sé e dell’altro allora può fermarsi un momento prima di fare del male fisico. Sapere, conoscere, ammettere, sono passi essenziali e costruttivi. Creare un identikit delle caratteristiche del violento è solo una distruttiva e tragica perdita di tempo.
Mi auguro non debba mai accadere che un soggetto in cui non fossero state rilevate le caratteristiche che lo potrebbero identificare come violento, uccida.
E mi auguro per me stesso di non cadere nella trappola psicologica, ogni volta che incontrerò una donna, di dovermi deformare, di dover fingere ciò che non sono nel terrore di poter somigliare a qualche modello di femminicida che la poveretta potrebbe avere imparato.
Nulla giustifica l’omicidio, anche questo va spiegato ai nostri figli. A meno che non si sia direttamente nella situazione di doversi difendere da una minaccia repentina e vera alla nostra stessa vita, ma, PER FAVORE, non diventiamo accaniti e crudeli nemici pieni di rancore e sospetto a priori.
Antonio.

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