“Io e il cane” di Giuseppe Brianza

“Io e il cane” di Giuseppe Brianza

Una storia vera che spacca il cuore.

Per fortuna riesco ancora a scrivere: per il momento è la mia salvezza.
Ma, come credo per molti vecchi, anch’io attraverso un territorio multiforme, a volte delizioso a volte straziante, quello dei ricordi.
Per fortuna.
Perché vivo nella più profonda solitudine, avendo perso due mogli e due figli, oltre a tre nipotine.
Per la verità non sono tutto solo: e, per fortuna, nella mia crescente sordità mi resta ancora una parziale (molto parziale) facoltà di intendere- suoni, rumori, parole – che in qualche modo mi connette col mondo.
Non sono tutto solo: mi fa compagnia un cane: che non è mio, che non ho mai visto, ma che condivide la sofferenza insieme con me.
Ormai da più di un anno ne intendo la voce: mi sono rivolto ai vigili di Varese, all’Ente Protezione Animali: più volte: ma quel cane continua a farmi compagnia.
Dovreste sentirlo: dalla mattina alla sera, negli orari d’ufficio: i suoi proprietari lo lasciano solo, in casa o su un terrazzo, e io so con certezza quando qualcuno di loro rientra a casa perché immediatamente quel cane smette di urlare.
C’è da aggiungere che la mia sordità totale dalla parte dell’orecchio destro mi impedisce di cogliere da quale direzione quel pianto forsennato, continuo, a volte davvero straziante, provenga.
Quel cane non piange: canta: canta melodie tristi, sofferenti, disperate: ma melodie: non avrei mai immaginato quale varietà di suoni – ma suoni parlanti – potesse avere un cane: il suo pianto continuo, doloroso ha infinite variazioni: decisamente è un cane della classe degli ‘urlatori’: mi ricorda il mio compagno di banco alle elementari Antonio Lardera – in arte Tony Dallara – che inventò il ‘genere urlato’.
A pieni polmoni. E con continua disperazione.
Quel cane non lo sa: ma è la mia unica compagnia: che non mi si venga a dire che i suoi padroni gli vogliono bene: i suoi padroni lo usano e basta.
Quanto a me non so esprimere la mia disperazione con urla o lamenti: salvo quel rifuggire – non sempre – nel mondo dei ricordi, che sono tanti e bellissimi, senza poterli condividere con nessuno.
Ma anche a me non arriva affetto, come per quel cane.
Ora arriverà agosto, con la stagione delle vacanze: molto probabile che il cane andrà al mare o in montagna insieme con i suoi padroni: almeno lui: io non andrò in vacanza: non ci vado da almeno sette anni: i miei figli non mi hanno mai proposto nulla: scappano in vacanza senza neppure dirmi né quando né dove vanno.
Quel pianto mi mancherà: e, come sempre accade, in quel periodo la mia propensione a scrivere cala, e di molto.
Pazienza: ma poi – spero – quel pianto sconfinato ritornerà: e spero di essere un pochino meno solo.

Giuseppe Brianza
6 luglio 2016

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