La Madonna Addolorata, una storia di devozione popolare
L’origine del simulacro della Beata Vergine Addolorata è da ricercarsi intorno alla metà del XVI secolo, quando, ricostruita in forme rinascimentali l’abside di S. Vittore, si procedette alla decorazione del presbiterio e del coro, secondo un programma iconografico incentrato sulla passione di Cristo, in analogia con quanto si era fatto nei decenni precedenti nel santuario e nel monastero di Santa Maria del Monte.
Il gruppo dell’Addolorata faceva parte di un complesso più ampio, posto nel coro, raffigurante il Calvario; in tale luogo fu visto da S. Carlo Borromeo nelle sue visite e lì si trovava ancora nel 1612, quando Federico Borromeo così lo descrive: “Dietro all’altare, sono appese alla parete tre grandi croci cui sono inchiodate le immagini di Gesù Cristo Crocifisso e dei due ladroni; ai piedi della Sua croce si vedono le statue della B.V. Maria e delle altre Marie e di S. Giovanni evangelista dipinte e dorate ed elegantemente scolpite”.
Ciò sfata una diffusa leggenda in base alla quale S. Carlo avrebbe trovato il gruppo dell’Addolorata in una sorta di ripostiglio, posto dietro all’altare, e avrebbe, quindi, deciso di dargli una collocazione più degna: il motivo per cui nel 1567 diede l’ordine, poi disatteso, di trasferire le immagini su di una trave all’ingresso del presbiterio è legato ad una analogia con la sistemazione del presbiterio del Duomo di Milano.
La devozione nei confronti del simulacro crebbe in continuazione, dopo il miracolo avvenuto il 28 luglio 1670, quando canonici e celebrante rimasero illesi dopo che un fulmine era caduto in coro; per soddisfare la venerazione dei varesini si stabilì di trasferire l’Addolorata nella vicina chiesa di S. Lorenzo, dove venne approntato un Calvario.
Nel 1678, dovendo procedere all’attuale sistemazione del presbiterio e del coro, si decise di trasferire l’immagine con una solenne processione, il 30 maggio, durante la quale comparvero nel cielo tre splendide stelle; a seguito del prodigio, il simulacro rimase in S. Vittore, venendo riposto nella cappella di S. Carlo, di giuspatronato della famiglia Dralli, ove tuttora si trova.
L’afflusso di pellegrini, abbondanti doni ed offerte e il desiderio di onorare degnamente la Vergine convinsero i Fabbriceri a far eseguire dei lavori di ampliamento della cappella che venne in seguito affrescata dal Magatti.
Un’altra processione per le vie del Borgo, il 28 ottobre 1745, fu teatro di un nuovo prodigio: la guarigione miracolosa di suor Giovanna Margherita Campanigo, monaca in S. Martino, inferma da anni. Tale evento fu oggetto di due scrupolose indagini dell’autorità ecclesiastica nel 1746 e nel 1749. La loro conclusione favorevole porta l’Arcivescovo di Milano, card. Giuseppe Pozzobonelli, a riconoscere, il 10 settembre 1749, l’origine soprannaturale dell’evento; lo stesso presule consacrerà l’altare dell’Addolorata nel 1755, in occasione della visita pastorale. A quegli stessi anni risalgono altre testimonianze di miracoli attribuiti al simulacro mariano.
Il culto dell’Addolorata ha dato origine ad una interessante produzione di immagini e di oggettistica sacra: dagli affreschi sulle pareti di numerose case di Varese e dell’alto Varesotto a gruppi statuari lignei o in terracotta, dalle stampe alle particolari corone dei sette dolori.
Un particolare legame con l’Addolorata ebbe poi la processione dell’Entierro (funerale del Cristo morto, la sera del Venerdì Santo ed erede di sacre rappresentazioni di cui si ha testimonianza anche a Varese), promossa, su esempio spagnolo, a fine XVII secolo dalla Confraternita di S. Marta e proseguita, con alterne fortune ed interruzioni, sino ai primi decenni dell’Ottocento. Per tale pio esercizio, venne eseguita da Bernardino Castelli una statua lignea di Maria dolente.
La devozione pubblica nei confronti dell’Addolorata si esplicitò in più modi sia nelle occasioni ordinarie (memoria liturgica, ricorrenza del miracolo delle tre stelle) che in quelle straordinarie (prolungata siccità o pioggia eccessiva), legate principalmente alla vita dei campi e ai raccolti.
Le solenni celebrazioni in S. Vittore, accompagnate da composizioni musicali, erano seguite da frequentatissime processioni, allietate da luminarie, fuochi artificiali e bande.
Le occasioni straordinarie erano particolarmente sentite dalla popolazione, ciò è dimostrato dal persistere di tali manifestazioni per un lungo periodo, nonostante cambiamenti sociali e politici. La mancata esposizione del simulacro arrivò a provocare tumulti popolari, come nel 1763, che causarono l’intervento dell’autorità civile.
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