“Le ragioni del sì e del no” di Stefano Graziosi
Ricerca di Stefano Graziosi
su richiesta di Mauro della Porta Raffo
Con l’approssimarsi del voto referendario sulla riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, i due schieramenti antagonisti vengono via via assumendo connotazioni sempre più precise, ovviamente con ragioni e argomentazioni antitetiche.
Da una parte, troviamo il fronte del SI, il quale propone una serie di tesi abbastanza compatta.
- Innanzitutto, si dice che la riforma abolirebbe il bicameralismo perfetto con tutte le storture e le lungaggini che esso comporterebbe: in particolare, si sottolinea che il governo risulterebbe vincolato alla fiducia della sola Camera. Questo implicherebbe una maggiore stabilità per l’esecutivo e uno snellimento nei processi legislativi.
- In secondo luogo, si fa presente che il numero dei senatori diminuirebbe da 315 a 100, comportando ciò un notevole risparmio economico, attraverso un taglio ai costi della politica.
- Infine, si sostiene che il nuovo Senato rappresenterà maggiormente i territori, visto che dei suoi 100 componenti, 74 saranno consiglieri regionali e 21 sindaci.
Dall’altra parte, lo schieramento del NO tende a produrre una serie più variegata di argomentazioni.
- La riforma non abolirebbe veramente il bicameralismo perfetto. E’ vero: il governo sarebbe vincolato al voto di fiducia della sola Camera. Il nodo però risiede nelle prerogative del Senato. Da una parte, a quest’ultimo competerebbe un insieme abbastanza incoerente di 16 materie. In secondo luogo, il Senato potrebbe comunque prendere in ostaggio provvedimenti discussi dalla Camera, bloccando così l’iter legislativo.
- In secondo luogo, si fa presente che gli iter legislativi aumenterebbero notevolmente, generando confusione anziché snellimento ed efficienza.
- Inoltre, l’elezione dei senatori non sarebbe più diretta. La maggior parte di essi proverrà dai consigli regionali (74). Una parte dai sindaci (21). Cinque invece saranno nominati dal Capo dello Stato con mandato di sette anni. Tutto questo porrebbe diversi problemi. Innanzitutto il doppio ruolo di consigliere regionale (o sindaco) e senatore. In secondo luogo, molti fanno notare come proprio nei consigli regionali in Italia si concentri gran parte del malaffare politico (non bisogna tra l’altro dimenticare che i consiglieri regionali/sindaci riceverebbero l’immunità parlamentare, giunti al Senato). In terzo luogo, il cinque percento dei senatori sarà nominata: non si capisce – molti sostengono – in base a quale criterio e a quale motivazione: si tratterebbe di padri della patria a scadenza?
- Inoltre, si può parlare di elezione indiretta come sostenuto dai sostenitori del SI? No. Secondo Alessandro Pace, il caso dell’elezione indiretta implica la presenza di Grandi Elettori che dovrebbero a loro volta eleggere i senatori (come accade per esempio in Francia). Di contro, nella presente riforma sono i consigli regionali che eleggono i senatori: il fatto che i consigli siano eletti dai cittadini, non fa di questa un’elezione indiretta, perché i consigli possono di fatto agire svincolati nell’elezione dalle scelte dei cittadini. E siccome al senato continuerebbe a spettare (ancorché limitatamente) funzione legislativa e di revisione costituzionale non si capisce come possa fondarsi senza l’elezione da parte dei cittadini (visto che costituzionalmente la sovranità dovrebbe spettare al popolo).
- Diversi poi fanno notare che la riforma non favorirebbe la partecipazione democratica. In particolare, si punta il dito sul fatto che il quorum per proporre una legge di iniziativa popolare sarà triplicato (da 50.000 a 150.000 firme)
- Molti inoltre sostengono che il testo della riforma sia contorto e di difficile comprensione: questo contravverrebbe al principio di chiarezza che generalmente sottende alle carte costituzionali (si pensi alla costituzione americana).
- Veniamo poi alla questione dei tagli alla spesa. Secondo i fautori del NO, i costi della politica non verrebbero diminuiti in modo tale da giustificare la riforma. Vengono eliminati solo 215 senatori, mentre il numero dei deputati alla Camera rimarrà invariato. Nota per esempio Ugo De Siervo che, se si fosse veramente voluti intervenire sui costi della politica, si sarebbero potuti aggredire i consigli regionali (soprattutto quelli delle regioni a statuto speciale).
- Infine torniamo ai ruoli del nuovo senato. Quest’ultimo – si dice – dovrebbe svolgere funzioni di controllo sul governo. Ma – ravvisa sempre De Siervo – se non dà più la fiducia all’esecutivo, che controllo concreto potrà mai svolgere?
A queste tesi tecniche se ne accompagnano poi altre (da entrambi gli schieramenti) di natura maggiormente politico-ideologica. In particolare, i sostenitori del SI affermano che la ratifica del referendum garantirebbe stabilità politica e conseguentemente la possibilità di evitare problemi economici e di sicurezza nazionale. Il fronte del NO invece appare contraddistinto da due principali tronconi: da una parte, uno più radicale, che vede nella riforma seri rischi per la tenuta democratica dell’Italia. Dall’altra, uno più moderato, che si limita a sostenere che la riforma peggiori la Costituzione attualmente in vigore, senza tuttavia evocare rischi autoritari.
10 ottobre 2016 / Caffè Zamberletti, 1° piano / Corso Matteotti, Varese
Incontro informativo ma non partitico sulle ragioni del si e del no al referendum per il cambiamento della Costituzione. Partecipano: il Pubblico, Claudio Bonvecchio, Giorgio Dell’Arti, Silvio Valisa, Giugi Armocida, Rocco Cordì.
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